Vaccinazione e autismo: per la Cassazione non c’è correlazione

Vaccinazione e autismo: per la Cassazione non c’è correlazione
02 Agosto 2017: Vaccinazione e autismo: per la Cassazione non c’è correlazione 02 Agosto 2017

IL CASO. Il tutore di un minore aveva adito il Tribunale di Salerno, lamentando che il suo pupillo aveva contratto un’“encefalopatia immunomediata ad insorgenza post vaccinica con sindrome autistica” a causa della terapia vaccinale che gli era stata somministrata.

Per tale motivo, aveva chiesto che il Ministero della Salute venisse condannato a corrispondergli l’indennizzo ex legge n. 210 del 1992.

La domanda era stata, tuttavia, rigettata sia dal Giudice di primo grado, che dalla Corte d’Appello sul presupposto che “le conclusioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio nominato in secondo grado, coerenti con quelle di primo grado, consentissero di escludere il nesso di causalità tra la vaccinazione subita e la malattia”.

Avverso la decisione sfavorevole il tutore aveva proposto ricorso per cassazione, dolendosi che “il consulente tecnico e la Corte territoriale abbiano disconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la patologia … e la subita vaccinazione antipolio Sabin”.

In particolare, egli ha criticato il contenuto della c.t.u. di secondo grado, che aveva concluso di “trovarsi di fronte ad una patologia, il disturbo generalizzato dello sviluppo, di cui non è tuttora ipotizzabile una correlazione con alcuna causa nota in termini statisticamente accettabili e probanti” e con la quale “concorre un possibile ruolo di fattori genetici, mentre non sussistono ad oggi studi epidemiologici definitivi che consentano di porre in correlazione la frequenza dell’autismo con quella della vaccinazione antipolio Sabin nella popolazione”.

LA DECISIONE. La Cassazione, con l’ordinanza n. 18358 del 2017, ha dichiarato inammissibile il ricorso, evidenziando che il Giudice di primo grado e la Corte d’Appello avevano legittimamente “prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio”.

Quest’ultime, infatti, non contenevano alcuna “palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, né denotavano alcuna “omissione degli accertamenti strumentali dai quali … non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi”, sicché le censure che erano state loro rivolte dal ricorrente costituivano “mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice”.

La Corte di Cassazione ha poi rilevato che la scienza medica valorizzata dal c.t.p. del ricorrente e posta a fondamento del ricorso di legittimità non conteneva, comunque, “elementi decisivi al fine di confutare la soluzione del c.t.u.”, né consentiva “allo stato di ritenere superata la soglia della mera possibilità teorica della sussistenza di un nesso di causalità”.

In altri termini, ha ritenuto che il tutore non avesse adempiuto all’onere, ch’era suo proprio, di provare “l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica”, perché nel caso di specie egli s’era limitato a fornire la prova di un’ipotesi solamente “possibile”.

L’insegnamento che pare potersi trarre è che, non sussistendo allo stato “studi epidemiologici definitivi” che consentano di “porre in correlazione” con “ragionevole” probabilità scientifica l’autismo con le vaccinazioni, non può ravvisarsi alcun nesso di causalità tra il primo e le seconde, né conseguentemente riconoscersi al presunto danneggiato alcun indennizzo.

Altre notizie